Coronavirus, fare sport si può ma… Il virologo Pregliasco: “Meglio all’aperto. E attenzione allo spogliatoio”
Fare sport ai tempi del coronavirus si può, anche se le palestre in molti Comuni del Nord Italia hanno chiuso. Ma “fare sport all’aperto rispetto che al chiuso è meglio”: a dirlo, intervistato da Gazzetta Active, è il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. “Certo, gli sport da contatto, come il calcio o il rugby, possono avere maggior rischio nel senso che ci può essere uno scambio di fluidi biologici. Con questo non intendo il sudore, ma le goccioline di saliva o le goccioline respiratorie dal naso. Quindi un po’ di rischio c’è. Per questo è bene avere una buona igiene personale ed evitare di andare a fare sport se non ci si sente bene. Va poi tenuto conto che dopo uno sforzo fisico c’è una finestra di due ore in cui la risposta immunitaria è ridotta, quindi lo spogliatoio è il punto di maggior rischio in ogni caso. E’ bene ricordarlo, e per esempio evitare di gettare tutte le magliette sudate insieme, o seguire altre abitudini non ideali in questa situazione. E’ nella fase dello spogliatoio in particolare che va considerata una attenzione maggiore”, ci spiega il professor Pregliasco.
E per quanto riguarda la corsa all’aperto?
“La corsa non espone a rischi particolari se si mantengono le giuste distanze, cosa consigliata in generale”, ricorda il professor Pregliasco. “Il rischio è il contatto prolungato. Meglio mantenere la distanza di un metro-un metro e mezzo. La contagiosità del coronavirus è inferiore rispetto a quella delle altre influenze se si sta lontani. La malattia è abbastanza banale perché colpisce in modo non pesante salvo soggetti a rischio, più anziani. Ma è molto diffusiva, non tanto contagiosa, perché il morbillo, per esempio, è più contagioso: se una persona ha il morbillo siamo praticamente certi di beccarcelo. Il morbillo causa in media dodici casi secondari. Qui la media è di 2,6, salvo qualche persona con maggiore capacità diffusiva”.
Ci sono rischi se si assiste a partite, anche amatoriali, e non solo nelle zone in cui queste sono state vietate?
“I rischi ci sono perché negli spalti le distanze sono molto ravvicinate, e tra le urla varie e i cori il pericolo di diffondere liquidi salivali è alto”.
In palestra si può andare?
“Nelle zone non a rischio, dove ancora le palestre sono aperte, si può andare, ma il consiglio è di cercare di evitare gli orari in cui l’affluenza è maggiore: meglio diluire gli ingressi, distribuirsi durante la giornata”.
E per quanto riguarda saune e bagni turchi?
“In questi luoghi qui l’umidità e le alte temperature facilitano il mantenimento in aria del virus, perché anche le goccioline piccole che di per sé nel coronavirus veicolano meno il virus, si aggregano. A differenza di altre forme influenzali, nel coronavirus il rischio è dato dai droplets, le gocciolone grosse di fluidi. Ma dove c’è alta umidità le goccioline anche più piccole si mescolano al vapore acqueo e quindi restano nell’aria”.
Parlando di campionato, secondo lei la misura delle partite a porte chiuse dovrebbe essere estesa anche alle squadre che giocano in zone non attualmente a rischio?
“Gli incontri sportivi si possono fare a porte chiuse, e così tra l’altro si fanno anche restare a casa le persone. A questo punto si potrebbe fare così in tutta Italia, così le squadre giocherebbero tutte nelle stesse condizioni, anche perché ormai abbiamo un caso a Firenze, uno a Palermo… Il destino è questo”.